Sicuramente uno degli elementi più complessi da padroneggiare in fotografia è la corretta esposizione, o, ad essere più precisi, la corretta esposizione rispetto al risultato che vogliamo ottenere. Abbiamo già affrontato alcuni aspetti legati a questo tema in precedenti articoli, e oggi vogliamo parlare di una tecnica molto interessante che, in molti casi, può garantirvi di ottenere scatti davvero ben bilanciati.
Parliamo del bracketing dell'esposizione, ovvero un'impostazione della maggior parte delle macchine fotografiche digitali che permette di eseguire tre scatti con tre diverse esposizioni in modo da poter catturare tutte le condizioni di luce fondendole in un unico scatto.
Come abbiamo appena detto, il bracketing (o AEB in maniera semplificata) è una tecnica che prevede di scattare tre immagini identiche modificando solo l'esposizione, ottenendo sia immagini sottoesposte che sovraesposte rispetto all'immagine base. Per quanto si possa pensare che sia una tecnica nata con il digitale, questo sistema risale più o meno agli anni '70 e aveva lo scopo di prevenire errori di ripresa causati da condizioni di luce non ottimali che avrebbero condizionato negativamente il risultato del lavoro. Per quanto sia universalmente conosciuta come bracketing, questa tecnica in Italia prende il nome di esposizione a forcella, proprio perché si realizzava attraverso la ripetizione di scatti su una scala crescente o decrescente di valori di esposizione. Questa procedura può essere ovviamente effettuata in maniera manuale, inquadrando e modificando manualmente l'esposizione ad ogni scatto, ma in questo caso incorriamo nel problema del movimento, perché anche piccolissimi spostamenti di inquadratura, tra uno scatto e l'altro, rischierebbero di creare dei problemi in post produzione al momento in cui si devono “incollare” gli scatti (in alcuni casi, però, al momento in cui si è in grado di padroneggiare la tecnica, la procedura manuale può garantirvi risultati davvero emozionanti).
Il bracketing automatico, invece, esegue tutto in maniera automatica, e prevede, una volta attivato comando, al momento dello scatto, di catturare la scena con le varie esposizioni. Tale funzione, è presente su quasi tutte le macchine, soprattutto quelle di fascia medio-alta e permette all'utente di impostare il numero di scatti e i cambiamenti di esposizione tra uno scatto e l'altro.
Ma quando va usata questa tecnica? Sicuramente tra i motivi per usare questo sistema c'è la sicurezza di scattare almeno una fotografia con la giusta esposizione, avere la possibilità di scegliere quale scatto è quello che “rende meglio” ma soprattutto riuscire ad ottenere il maggior numero di dettagli sia nelle zone in ombra che in quelle ad alta luminosità per poi fonderli in un'unica immagine.
Una delle valutazioni principali da fare, riguarda la differenza tra la capacità dell'occhio umano e quella del sensore fotografico di bilanciare la luminosità. In un precedente articolo avevamo parlato di gamma dinamica (QUI) e di come l'essere umano sia in grado di compensare i passaggi di luminosità tra le zone di ombra e quelle fortemente illuminate. In questi casi, l'immagine sarà sempre condizionata alla variazione di luce tra le due aree (luce e ombra) e può diventare quasi impossibile ottenere una fotografia che non sia sbilanciata.
Questi sono i casi in cui questa tecnica può essere di grande aiuto proprio perché la macchina non è in grado di bilanciare adeguatamente tra i forti contrasti.
Facciamo un esempio pratico. Soprattutto in casi di fotografia paesaggistica, ci troviamo ad avere tre zone che avrebbero bisogno di essere “trattate” in maniera diversa. Abbiamo il cielo, il soggetto che può essere rappresentato da alberi o rocce, e il suolo.
Per ottenere una corretta esposizione dei tre elementi, possiamo agire sul diaframma, modificare la velocità di scatto, alzare o abbassare gli ISO o usare la compensazione dell'esposizione. Ma in ognuno di questi casi è possibile che l'immagine ottenuta non abbia tutti gli elementi correttamente esposti, perché lo saranno solo quelli su cui è stata calcolata l'esposizione.
Se per certi aspetti questa tecnica ha la capacità di risolvere moltissimi problemi, non può essere utilizzata sempre. E' abbastanza facile capire che più scatti decido di ottenere (sia a livello manuale che automatico) più tempo passerà tra il primo e l'ultimo. Anche se parliamo di frazioni di secondo, se stiamo scattando un'azione sportiva ad alta velocità, per non parlare del movimento di un qualsiasi veicolo a motore, tra il primo e l'ultimo scatto ci saranno delle importanti variazioni di movimento del soggetto e questo può compromettere il risultato finale in quanto non sarà possibile avere una perfetto allineamento in fase di post. Quindi il consiglio che ci sentiamo di darvi è quello di usare questa tecnica con soggetti statici (o quasi) e magari usando un treppiedi o un monopode.
Inoltre, tenete ben presente che con questa tecnica si triplicano gli scatti ottenuti quindi valutate bene anche la quantità di spazio sulle schede di memoria.
Fatte queste doverose precisazioni, passiamo alla parte pratica e capiamo come realizzare lo scatto.
Ogni casa produttrice ha un suo specifico menù per l'attivazione di questa funzione, quindi il consiglio che possiamo darvi è di fare riferimento al manuale della vostra attrezzatura per capire come accedere al comando.
Per prima cosa, accertatevi di scattare in formato RAW
Entrate nel menù del bracketing (indicata a volte com AEB, o come bracketing dell'esposizione) e attivate la funzione.
Impostate il valore di esposizione per ogni scatto. Nella maggior parte delle fotocamere, vi apparirà una griglia con numeri crescenti e decrescenti in funzione di un valore 0. Di norma è possibile aumentare o diminuire i valori di esposizione fino a +/- 3 stop con incrementi di 1/3. Scegliete il valore che ritenete opportuno (nella maggioranza dei casi +/- 1 è un valore più che sufficiente).
Impostate, se la vostra fotocamera lo consente, il numero di scatti. Nella maggior parte delle attrezzature il valore è impostato a 3 scatti e non è modificabile dall'utente, ma in alcune camere è possibile modificarlo (5 o 7 fotogrammi).
Per quanto riguarda l'impostazione di scatto, può essere utile scattare in priorità di diaframma, perché in questo modo non avrete problemi di variazione di profondità di campo mantenendo il valore dell'apertura sempre identico in tutti gli scatti.
A questo punto, ci sono due strade. O scegliere le foto con l'esposizione migliore tra quelle scattate oppure combinarle insieme utilizzando un software per la post-produzione.
Nel primo caso, grazie al formato RAW, sarà necessario solo scegliere lo scatto con il bilanciamento migliore nelle luci e nelle ombre ed eventualmente intervenire nelle zone scure o in quelle eccessivamente chiare.
Se invece vogliamo fondere le singole immagini in un unico scatto, possiamo lavorare in photoshop, utilizzando le maschere, la fusione delle immagini o la tecnica dell'HDR.
Molti di voi avranno sentito parlare di questo acronimo, che significa HIGH DYNAMIC RANGE, in poche parole, uno scatto con una gamma dinamica molto ampia, sia in termini di luce che di colore, restituendo un'immagine molto vibrante e dinamica. La cosa importante è non esagerare nella manipolazione delle varie parti (quelle chiare e quelle scure) per non incorrere nel rischio di avere una foto del tutto innaturale (cosa che capita molto di frequente guardando immagini pubblicate sul web).
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