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Oliviero Toscani

Torniamo oggi a parlare di storia della fotografia e oggi puntiamo i riflettori su uno dei fotografi italiani più controversi e provocatori degli ultimi 80 anni: parliamo di Oliviero Toscani, un artista costantemente controcorrente, capace di farsi beffa di ogni standard imposto dalla società, diventando uno dei maggiori sognatori e precursori del XX secolo.

Toscani nasce a Milano nel 1942 e la sua vita sarà subito segnata dalla fotografia. Figlio d'arte (il padre infatti, Fedele Toscani, fu il primo fotoreporter del Corriere della Sera), riceve all'età di 6 anni la sua prima macchina una “Rondine” della Ferrania, con la quale comincia a sperimentare la visione del mondo attraverso il mezzo fotografico, comprendendo fin da subito come la rappresentazione dello stesso derivasse da un occhio interiore piuttosto che dal mezzo.

A quattordici anni pubblica la sua prima foto, quando, accompagnando il padre che testimoniava la tumulazione di Mussolini a Predappio, rimase più colpito dai volti che non dalla cerimonia, fotografando il volto dolente di Rachele Mussolini che fu pubblicato sul Corriere.

Dopo gli studi liceali fu ammesso alla Kunstgewerbeschule di Zurigo, diplomandosi nel 1965. La formazione presso questo istituto, sarà fondamentale per la formazione dell'artista che in un'intervista sottolinea l'importanza di questi studi: “ … Ho fatto la Kunstgewerbeschule, a Zurigo. Ho avuto la fortuna di avere fatto questa scuola per cinque anni. Ancora oggi sono sempre in vantaggio su qualsiasi giovane che non è andato a scuola. Conosco la tipografia, la grafica, conosco bene l’applicazione dell’immagine sui mezzi, la stampa. Ho acquisito la capacità di lettura dell’immagine.
Vengo da una famiglia di reporter, ho imparato da giovanissimo cosa era un reportage ma a scuola ho imparato la creazione della comunicazione, ho capito come fare il regista più che il documentatore. Quando vado a documentare, è tutto molto più facile.

La scuola mi ha insegnato il situazionismo, riuscire a vedere ciò che sta intorno a te come scena della vita reale”.

Grazie alla sua formazione scolastica, Toscani realizzò l'importanza della sensibilizzazione sociale che diventerà poi, il suo marchio di fabbrica.

Dopo aver lavorato per diverso tempo nell'ambito dei reportage degli ambienti tipici della sua generazione, mettendo in luce comportamenti e mode del momento, venne notato da alcune delle testate di moda più importanti dell'epoca, come Vogue, Elle e Donna cominciando a districarsi nel complesso mondo della moda.

E' il 1968, l'anno in cui la rivoluzione sociale la faceva da padrona in tutto il mondo e in breve tempo Oliviero Toscani divenne il testimone ufficiale delle tendenze sociali e dei vari movimenti.

E' questo il momento in cui al fotografo cominciano a fioccare ingaggi per la realizzazione di campagne fotografiche di brand sempre più noti come Valentino, Chanel, Robe di Kappa, Fiorucci e moltissimi altri, ed è sempre in questo momento che comincia a farsi sempre più largo in lui la necessità di trovare un nuovo linguaggio figurativo spesso provocatorio e dissacrante.

Nota è una delle sue prima campagne pubblicitarie dei Jeans Jesus, dove appare il ritratto del posteriore della modella Donna Jordan inguainata in un paio di hot pants dove appare la scritta “Chi mi ama mi segua”.

La grande novità del suo lavoro consisterà nel proporsi in maniera sempre più dissacrante attingendo alle problematiche sociali del momento inserendole prepotentemente all'interno delle sue foto pubblicitarie.

Questo suo approccio così innovativo, segna, nel 1982 la nascita del rapporto con l'azienda Benetton con la quale il fotografo condurrà una fruttuosa e complessa relazione professionale durata quasi 20 anni, trasformando il brand in uno dei marchi più conosciuti al mondo grazie alle campagne pubblicitarie di assoluta rottura.

Per la realizzazione delle varie pubblicità, che hanno invaso le città tramite la cartellonistica stradale e che si sono fatte largo anche attraverso la carta stampata, Toscani si è occupato sia del concept che dello scatto, toccando temi complessi come l'uguaglianza razziale, l'omofobia, l'aids, la mafia e l'abolizione della pena di morte cambiando radicalmente la tipologia di messaggio. Se infatti, fino a quel momento, la vita di ogni giorno era un pretesto per parlare di un determinato brand, adesso è il marchio di moda che diventa pretesto per parlare di tematiche sociali.

Sotto l'egida di Benetton nascono due importanti progetti, Colors, il primo magazine globale, e Fabrica, una scuola internazionale d'arte e comunicazione che produrrà importanti campagne pubblicitarie per l'ONU, Procter &Gamble e La Repubblica.

Nell'arco degli anni che hanno caratterizzato il rapporto tra il fotografo e il brand Benetton, i temi delle pubblicità sono diventate talmente iconici da scatenare nel pubblico un'attesa continua di quelle che sarebbero state le future presentazioni, al pari di un'attesa di un sequel di un film o l'uscita di un libro molto atteso.

Nel 2000 Toscani firmò per Benetton la sua campagna più controversa sul tema della pena di morte mostrando nelle pubblicità i ritratti di una serie di condannati alla sedia elettrica. Venne accusato dallo stato del Missouri di aver fotografato con l'inganno i detenuti, perchè, secondo l'accusa, chiedendo il permesso di scattare le foto, non avrebbe specificato lo scopo commerciale delle foto stesse. Toscani si difese spiegando che non si trattava di mera pubblicità ma di una modo per esporre la propria idea contro la pena di morte attraverso la sensibilizzazione dell'opinione pubblica. Per evitare il boicottaggio dei propri negozi, la famiglia Benetton chiese pubblicamente scusa alle famiglie dei condannati ed entrando poi in conflitto con il fotografo. In seguito a tale vicenda la collaborazione tra Benetton e Toscani si interruppe bruscamente: Benetton fu costretta a chiudere circa 400 punti vendita e l'azione legale venne chiusa con una donazione al Fondo per le vittime del crimine di 50,000 dollari.

In parallelo, tra il 1999 e il 2000, coprì la carica di direttore creativo per il mensile newyorkese Talk Miramax mentre nel 2004 fonda il centro di ricerca sulla comunicazione moderna La Sterpaia, situata all'interno del parco di San Rossore.

Il lavoro del fotografo è continuato, mantenendo intatto il suo approccio dissacrante e di forte sfida. Da ricordare nel 2004 la campagna “Non Uccidere” in collaborazione con la Polizia di Stato, e nel 2007 la campagna shoc per il marchio Nolita sull'anoressia nervosa, fotografando la modella francese Isabelle Caro, che dall'età di 13 anni soffriva di questa malattia.

Le immagini del suo corpo devastato dai segni dell'anoressia divise la critica e il pubblico tra chi affermava la necessità formativa di tale campagna per le giovani generazioni e chi la riteneva una forma di sciacallaggio pubblicitario sulle sofferenze di chi soffriva di questa malattia. La giovane modella, morì poco dopo, nel 2010 all'età di 30 anni.

Sempre nel 2007 il fotografo riceve, dalla famosa agenzia Saatchi & Saatchi il premio Creative Hero durante la serata del Clio Awards a Miami. Il 2007 è anche l'anno della realizzazione di uno dei suoi progetti più ambiziosi, Razza Umana, un'insieme di immagini ritraenti persone di tutte le razze, espressioni, stati culturali e sociali, provenienti da tutto il mondo. In parallelo esce Nuovo Paesaggio Italiano, una raccolta di immagini di denuncia circa lo stato di degrado dell'Italia. Il lavoro è stato esposto alla Biennale di Venezia, alla Triennale di Milano, a San Paolo in Brasile e in molti altri musei in giro per il mondo.

Nel 2010 viene nominato Accademico d'Onore dall'Accademia di Belle Arti di Firenze. Nel 2012 vince, insieme alla fondazione Fabrica da lui creata, tre premi Cannes Lions per la campagna Unhate-Benetton, dove vengono rappresentati dei montaggi con coppie di leader mondiali che si baciano sulla bocca. E' facile immaginare la reazione a tale lavoro considerando che uno dei montaggi, ritrae il Papa ed un imam mussulmano, fatto ritirare in seguito alla denuncia del Vaticano.

Dal 2018 al 2020 riprende a lavorare per Benetton, ma viene licenziato in seguito ad una dichiarazione molto controversa sul crollo del ponte Morandi a Genova.

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