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Irving Penn

Continuiamo il nostro viaggio nella storia della fotografia, parlando oggi, di uno dei fotografi che più di tutti ha lasciato un segno indelebile nel caleidoscopico mondo della fotografia di moda: Irving Penn.

Per capire l'importanza che Penn ha avuto in questo settore, basta pensare alla parole di Anna Wintour, storica direttrice di Vogue America (testata per cui Penn ha lavorato per più di 60 anni) che parlando del fotografo ha detto: “ Penn ha cambiato il modo in cui le persone vedono il mondo, e la percezione di cosa sia la bellezza”.

Sebbene noto ai più per le sue celebri copertine di Vogue, definire Irving Penn solo come un fotografo di moda sarebbe riduttivo: il suo immenso lavoro racconta di viaggi, incontri, oggetti e volti in un crogiolo di ricerche antropologiche. Le sue fotografie, per quanto diversissime tra loro, mostrano tutte il medesimo comune denominatore, cioè la grazia, l'innata delicatezza che l'uomo e gli oggetti recano in sé. Questo elemento, presente in tutta l'immensa opera di Penn fa di lui non solo un fotografo dotato di una grande sensibilità, ma ne connota le qualità di intellettuale, umanista e filosofo che celebra l'elemento peculiare di tutti gli esseri (animati e non), ovvero la loro unicità.

Penn nasce da una famiglia di origine Russo-Ebraiche in New Jersey nel 1917. Maggiore di due fratelli (il fratello minore Arthur Penn diventerà in seguito un noto regista cinematografico), ha la possibilità di studiare arte grafica, dimostrando fin da subito notevoli doti nel disegno e nella pittura. Iscritto presso la Philadelphia Museum School of Industrial Art ebbe come insegnante, il noto designer russo Alexey Brodovitch che lo prese come suo assistente introducendolo presso la redazione di Harper's Bazar dove Penn cominciò una collaborazione come disegnatore e grafico.

Ben presto si rende conto di non essere soddisfatto del proprio lavoro e decide di partire per un viaggio in Messico alla ricerca di nuovi stimoli e di nuove opportunità dove potersi mettere alla prova come pittore. Le cose purtroppo non andarono come previsto e fu costretto a rientrare in America ben cosciente che la pittura non sarebbe stata la strada da seguire professionalmente tanto da distruggere tutti i sui dipinti prima di rientrare negli Stati Uniti.

Arrivato a New York, viene assunto dopo poco tempo da Alexander Lieberman, patron di Vogue, che lo incarica di preparare i layout delle copertine dei fotografi della rivista. Lieberman, rimane affascinato dagli scatti fatti da Penn durante il suo viaggio in Messico e, interessato a rimodernare lo stile della rivista, decide di dare al giovane artista la possibilità di mostrare le sue capacità, lanciandolo come fotografo.

In un breve lasso di tempo Penn si fa notare per le sue eccellenti qualità di fotografo di natura morta e soprattutto ritrattistica e viene così inviato da Lieberman in giro per il mondo con incarichi relativi al ritratto e alla moda. Questa serie di esperienze furono non solo profondamente formative dal lato umano, ma furono soprattutto necessarie per far comprendere la predilezione della fotografia in studio dove poter non solo utilizzare una luce controllata, ma anche definire cosa mostrare oltre al soggetto, eliminando così ogni elemento superfluo.

Durante questo periodo, comincia anche a lavorare ad una serie di progetti personali tra cui una serie di nudi ritratti in maniera ravvicinata realizzati sulla base di una serie di riflessioni sui modelli estetici del passato, ma all'epoca furono considerati eccessivamente provocatori tanto da non essere mostrati per decenni.

Nel 1950 Penn viene mandato a Parigi per fotografare le sfilate d'alta moda: nel suo studio illuminato dalla sola luce naturale e utilizzando un vecchio sipario come sfondo, fotografa la bellissima Lisa Fonssagrives, un'icona di bellezza sofisticata e che, a ragion veduta, viene considerata la prima supermodella della storia. L'incontro è un fulmine a ciel sereno e nel giro di pochi mesi, nel settembre del 1950 i due si sposano e Lisa diventerà ben presto una delle muse ispiratrici delle fotografie di Penn.

Negli anni successivi, il lavoro di Vogue porterà Penn a girare letteralmente il mondo intero: tra il 1964 e il 1971 sarà in Giappone, Creta, Spagna, Dahomey, Nepal, Camerun, Nuova Guinea e di nuovo in Messico. Durante questi viaggi, diventò sempre più forte in lui il desiderio di ritrarre le persone del luogo, gente comune incontrata per strada, esaltandone le caratteristiche culturali ma eludendo completamente elementi di contorno che potessero distrarre lo spettatore dal soggetto fotografato. La necessità di fotografare in luce naturale lo spinse a costruirsi una sorta di studio-tenda portatile munita di un fondale neutro, contro cui fotografava i vari soggetti. Proprio questo sfondo neutro sarà l'elemento inconfondibile di Penn che nonostante il modificarsi delle mode, rifiutando le sontuose ambientazione che venivano richieste a seconda del modificarsi delle tendenze visive, rimarrà sempre fedele al suo rigoroso ed elegante marchio minimalista.

Proprio questa sua severità lo portò ad avere sempre meno incarichi per Vogue, che invece ricercava maggior “frivolezza” e per questo si rivolge al settore pubblicitario sperimentando le luci stroboscopiche per realizzare foto di grande dinamicità producendo alcune tra le immagini che hanno rivoluzionato l'uso della fotografia nel campo pubblicitario.

I suoi ritratti, caratterizzati dal grande rigore formale, diventano ben presto molto famosi al grande pubblico e Penn diventa uno dei ritrattisti più quotati del suo tempo. Costantemente alla ricerca di un minimalismo formale sempre più spinto, arriva ad ideare un fondale particolare cioè ad “angolo”, estremizzando il concetto di fondale neutro e posizionando i suoi soggetti a ridosso di questo angolo, costringendo lo spettatore, grazie ad un sapiente gioco di luci sulle pareti, a concentrarsi solo sul soggetto. Famosissimi sono i ritratti di Martha Graham, Marcel Duchamp, Georgia O'Keeffe, Igor Stravinsky e Marlene Dietrich.

All'inizio degli anni '70, Penn decise di chiudere il suo studio di Manhattan e dedicarsi quasi esclusivamente alla produzione di stampe nel suo laboratorio costruito nella fattoria di famiglia a Long Island, sperimentando la stampa al platino. Questo instancabile lavoro porta alla realizzazione di tre grandi opere: Cigarettes (1972 presentato al MoMa nel 1975), Street Material (1975-76 presentato al MoMa nel 1977) e Archeology (1979-80 presentato alla Malborough Gallery nel 1982). Come il precedente lavoro sui nudi, le immagini prodotte in queste tre serie si discostavano radicalmente dall'uso prevalente che si faceva della fotografia. Nonostante alcuni ritenessero quasi ripugnanti alcune delle immagini, Penn celebra i “tesori dei rifiuti della città”, trasformando forme distorte di colore in opere d'arte.

Nel 1983 Penn riapre lo studio di New York e si rituffa a capofitto nei lavori commerciali e negli incarichi per diverse riviste e viene celebrato nel 1984 con una retrospettiva curata da Johm Szarkowski presso il Museum of Modern Art e che è stata portata in giro per il mondo fino al 1989.

Fotografo, illustratore, pittore e disegnatore, Penn ha integrato le sue competenze le una nelle altre sperimentando la sua innata creatività anche con una collaborazione con il designer giapponese Iseey Miyake, trasponendo in fotografia i disegni dinamici e scultorei dell'artista nipponico.

La sua incredibile produzione creativa è continuata fino alla sua morte, avvenuta nel 2009 all'età di 92 anni. Negli ultimi decenni, la sua produzione è ulteriormente fiorita in una miscellanea continua di esperienze, tra ritratti, nature morte e fotografia di moda. Ha abbracciato con entusiasmo le novità costruendo lui stesso attrezzature adatte a riprendere detriti sui marciapiedi, o particolari illuminazioni per le lunghe esposizioni.

Irving Penn è riuscito, con la sua opera a creare un vero e proprio filtro attraverso cui vedere le cose del mondo. Grazie alla sua eccezionale tecnica di stampa al platino, in grado di realizzare sottilissime distinzioni tonali, le sue immagini rimangono eteree, in bilico sulla linea del tempo, regalando scatti sospesi in un eterno istante.

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