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Introduzione alla psicologia dei colori

In generale il colore è un mezzo per influenzare direttamente un’anima. Il colore è il tasto, l’occhio il martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde, l’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima. E’ chiaro che l’armonia dei colori è fondata solo su un principio: l’efficace contatto con l’anima. Questo fondamento si può definire principio della necessità interiore.”

La psicologia dei colori secondo Vasilij Kandinskij

 

In un mondo frenetico, in continuo mutamento, pieno di sollecitazioni di ogni tipo, non ci rendiamo conto di quanto la nostra vita sia interamente influenzata dal colore. Siamo consapevoli della sua esistenza, ma non ci soffermiamo su quanto esso guidi una miriade di scelte che vanno a toccare strati profondi della nostra stessa essenza.

Da sempre l'essere umano è attratto dal colore tanto da renderlo il protagonista non solo di una moltitudine di opere che hanno contrassegnato l'espressività di intere generazioni, ma di una miriade di testi scientifici realizzati per sviscerarne i più intimi segreti.

Senza voler entrare in eccessive descrizioni tecnico-fisiche su come l'occhio umano percepisce le radiazioni elettromagnetiche sotto forma di onde di varia lunghezza, ci preme sottolineare come, storicamente, si sia sentita la necessità di studiare la luce e il colore, non solo dal punto di vista scientifico, ma anche da quello più prettamente “spirituale”.

Fino alla metà del XVII secolo, era di opinione comune che la luce fosse una entità omogenea, capace di differenti “qualità” secondo la sua interazione con la materia, ma che rimanesse essenzialmente illuminante e con un unico comportamento. Modificata da rifrazioni e riflessioni, la luce generava le diverse percezioni di colore (questo punto di vista viene detto “modificazionismo”).

La prima grande rivoluzione, sempre di impatto puramente scientifico, avvenne con gli studi di Isaac Newton, il quale, intorno al 1660, aveva osservato, tramite alcuni esperimenti, che la luce del sole, fatta passare attraverso un prisma, si scompone in una serie di colori (“dispersione della luce”), a causa della diversa rifrattività dei raggi che la compongono. Newton chiama questa serie di colori “spettro” (in latino spectrum, “immagine”, “visione”, anche “fantasma”) e spiega il fenomeno ipotizzando che nella luce del sole siano contenuti raggi diversi, che hanno diverse rifrattività e che vengono percepiti come diversi colori se osservati separatamente. Quando questi diversi raggi sono mescolati, l’occhio percepisce un colore diverso da quelli che percepirebbe se fossero separati. 

Venne quindi teorizzato, per la prima volta nella storia il cosiddetto “cerchio cromatico”, cioè la rappresentazione dei colori dello spettro della luce disposti radialmente dentro un cerchio. 

Andando verso il centro i colori sono sempre meno saturi, cioè non puri (tecnicamente non-spettrali), fino a raggiungere il bianco, ovvero la somma di tutti i colori della luce. E proprio con un disco simile Newton fece l’esperimento inverso a quello del prisma: facendo ruotare un cerchio con i sette colori dello spettro (anche ripetuti più volte in piccoli spicchi), questi si fondono fino a dare l’effetto del bianco.

Bisognerà aspettare quasi un secolo per avere un'interpretazione diversa, e che si rapportasse allo studio della luce e dei colori in maniera meno scientifica e matematica e più “empatica” grazie agli studi in materia di Goethe.

Egli infatti, affronta il tema non dal lato ‘meccanicistico’, quindi come fenomeno di oscillazione elettro-magnetica o chimico-fisico, quanto piuttosto come conoscenza fisico-sensoriale del fenomeno da parte dell’uomo fondando la sua teoria sulla percezione del fenomeno stesso da parte dell’occhio umano.

La ‘scienza’ di Goethe, in contrapposizione con la visione storica che riduceva lo studio della Natura ad un approccio puramente matematico, riconosce la bellezza della Natura e dei suoi fenomeni attraverso una visione organica, armonica e spirituale.

Questo approccio ha modificato radicalmente il modo di “vedere” il colore, condizionando in maniera sostanziale non solo l'arte (molti artisti contemporanei, come Kandinsky, Klee, Albers ecc. sono stati influenzati dalle teorie di Goethe), ma dando vita a nuovi rami della scienza (come la psicologia cognitiva) con lo scopo di studiare lo stretto rapporto tra colore e emotività.

Gli esseri umani percepiscono i colori come dotati di specifiche caratteristiche emozionali e la nostra reazione a queste caratteristiche può anche variare con il nostro umore e naturalmente può cambiare tra persone diverse. Questa ambiguità può essere un motivo per cui un singolo colore può suscitare reazioni (o meglio delle emozioni) tanto differenti in persone diverse o anche nello stesso individuo in momenti diversi.

Lo stimolo sensoriale viene elaborato dal nostro cervello che coordina e codifica gli stati emotivi scatenando una serie di risposte inconsce. In questa maniera il significato emotivo individuale generato da quel senso visivo influenza le nostre emozioni e di conseguenza altri aspetti della coscienza ovvero la percezione, il pensiero e il processo decisionale. Tutta, questa massa immensa di informazioni sensoriali, da considerare come un' insieme organico e dinamico, costituisce il nucleo dei nostri ricordi e della nostra memoria.

E' facile capire, quindi, come, dal punto di vista prettamente sensoriale, il colore è in grado di rievocare o suscitare emozioni nuove o “richiamate” dall'immenso sistema di immagazzinamento che è il nostro cervello.

Ed è altrettanto facile capire come, gli artisti di tutte le epoche, seppure ovviamente in maniera diversificata, abbiano utilizzato l’impatto suscitato nello spettatore dal colore per provocare una serie di emozioni. Per questo motivo alcuni hanno ricercato sfumature cromatiche che potessero comunicare visivamente nel modo migliore le loro sensazioni ed in molti casi il colore è diventato come un’ antonomasia, un simbolo al punto tale che è addirittura possibile definirli degli emblemi a loro associati (come il verde Veronese o il blu Klein).

Tale capacità di suscitare emozioni nello spettatore, ha fatto si che la neuroscienza comportamentale, si sia messa a servizio del marketing aziendale, dando vita a quello che viene definito “neuromarketing”, sviluppando studi svolti a stimolare i consumatori all'acquisto e che coinvolgano la scelta, da parte delle aziende, dell'utilizzo di un colore, piuttosto che un altro per il packaging dei loro prodotti, per il logo o per il colore delle pareti dei negozi.

Inoltre, il colore è l’elemento visivo che meglio si assimila e richiama forme e parole precedenti. Le nostre percezioni visive si mettono in relazione con le nostre esperienze passate e quindi stimolano il ricordo. Pertanto ogni colore ha un significato nascosto ed esercita i suoi effetti a livello inconscio, fino a suscitare in chi li percepisce, un’idea secondo cui indossandolo, utilizzandolo, si piace a sé stessi ed agli altri e si esprime la propria personalità.

Inoltre, secondo studi compiuti negli ultimi anni, lo stimolo visivo è il primo e fondamentale aspetto sensoriale che ci orienta nella scelta e il colore diviene quindi elemento fondante per il riconoscimento del brand. Altro elemento interessante da non sottovalutare, è che le caratteristiche proprie dei colori più comuni, vengono riconosciute da tutti gli appartenenti a una determinata cultura. Non sono universali perché non sono caratteristiche innate, ma sono divenute convenzionali grazie ai vissuti condivisi dei gruppi umani.

Per fare alcuni esempi, nei paesi occidentali, ad esempio rosso, arancione, nero e il blu sono colori più adatti all’acquisto d’impulso: per questo li troviamo spesso nei fast food, negli outlet e nelle vendite promozionali. Il blu navy e le tonalità tra il blu e il verde sono associate a un acquisto basato sul risparmio: sono largamente utilizzati da banche e grandi magazzini. Tonalità come il rosa e il celeste sono più adatte a un acquirente tradizionale e sono spesso utilizzati nel settore dell’abbigliamento. 

Un aneddoto interessante per capire come la percezione del colore si radichi così fortemente ad una determinata emozione, riguarda la nascita del rosso Valentino. Questo colore, ideato dall’omonimo stilista è una miscela tra il rosso cadmio, porpora e carminio ed è proprio questa particolare sfumatura di rosso che gli ha dato una fama internazionale. L'aneddoto narra che l’ispirazione che ha portato lo stilista a questa scelta, risalga a quando in giovane età sia rimasto folgorato dal rosso mentre era al teatro dell’opera di Barcellona. Il ricordo di quei personaggi sul palcoscenico vestiti di color vermiglio gli fece capire i valori intrinsechi di quel colore tanto intenso che lo ha condotto poi ad elaborarne una variante che ora lo identifica.

Nel prossimo articolo vedremo come la conoscenza del colore ha avuto un immenso impatto anche nella sfera della cinematografia e della fotografia, affrontando il tema del color grading e della figura del colorista.

 

 Chiara Camera

 

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