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Vivian Maier: un mistero non del tutto risolto

Quando pensiamo al tempo in cui viviamo, e intendo il tempo attuale, questo momento storico, è naturale rendersi conto di quanto siamo interconnessi, di quanto diamo “tecnologizzati”, perennemente monitorati e con un costante e crescente bisogno di comunicare al mondo chi siamo e cosa facciamo. Eppure, in questo secolo contraddistinto dal grande fratello digitale, esistono ancora storie con il gusto di un tempo lontano.

E' il 2007... il giovane John Maloof, in cerca di materiale per scrivere un libro sulla città di Chicago, gira per mercatini d'antiquariato e aste alla ricerca di vecchie foto e oggetti che lo possano aiutare a realizzare il suo progetto. Si trova così ad un'asta della società RPN di Chicago, che si occupa spesso della vendita dei contenuti dei magazzini di stoccaggio di cui non vengono pagati gli affitti.

Per circa 380 dollari Maloof si aggiudica una serie di scatoloni, contrassegnati genericamente come “scatole contenenti scatti su Chicago”. Non sa che quei 380 dollari gli avrebbero cambiato la vita.

Ed è qui che il destino gioca la sua prima beffa. Dopo una superficiale occhiata al materiale, John ed il suo collega Daniel Pogorzelski si resero conto che le pellicole, trovate all'interno degli scatoloni, non contenevano immagini rilevanti per il progetto, e tutto il materiale venne archiviato in un armadio e qui dimenticato fin dopo la pubblicazione del libro.

Dopo qualche tempo, John, decise, quasi per caso, di rimettere le mani tra le moltitudini di foto e pellicole dentro le scatole e con cura meticolosa, cominciò a vagliare tutti i negativi scannerizzandoli uno per uno imbattendosi nel lavoro di una persona dallo sguardo acuto e inconsueto, che immediatamente rapì la sua curiosità . Oltre a decine di metri di pellicola sviluppata, dentro le scatole c'erano centinaia di foto e rullini non ancora sviluppati.

Fu così che il giovane John, si ritrovò per le mani l'intera vita di una sconosciuta donna di nome Vivian Maier e, credendola una fotografa, cominciò a cercare informazioni su di lei. Con sua grande sorpresa, non trovò in rete nessun riferimento riguardo questo nome e l'unica informazione che riuscì a trovare fu un trafiletto mortuario di pochi giorni prima che annunciava la morte della donna.

Per un caso folle caso del destino, John rintracciò la misteriosa autrice degli scatti solo pochi giorni dopo la sua morte.

La vita e l'opera di Vivian Maier divennero un'ossessione per Maloof che nel giro di circa un anno riuscì a ricomprare i materiali venduti durante l'asta ad altri acquirenti mettendo insieme un archivio di quasi 150.000 negativi, più di 3000 stampe, centinaia di filmati ed interviste domestiche, restituendo al mondo l'opera di quella, che dai più, viene considerata l'antesignana della street photography.

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Vivian Maier nacque nel distretto del Bronx nella città di New York da padre austriaco e madre francese il 1 febbraio del 1926.

Non è chiaro quali fossero i rapporti tra i due genitori, quello che è certo è che la giovanissima Vivian, insieme alla madre e all'amica materna Jeanne Bertrand (fotografa ritrattista all'epoca molto nota) si trasferisce a Parigi dove vivrà più o meno stanzialmente fino al 1951. Del padre non si hanno più notizie fin dal 1930...

Dal momento del suo rientro negli Stati Uniti all'inizio degli anni Cinquanta, La Maier, per tutta la sua vita lavorerà come bambinaia presso case di facoltosi abitanti sia della città di New York che di Chicago e dedicherà la maggior parte del suo tempo libero alla sua enorme passione: la fotografia.

Per circa cinquant'anni ha fotografato la vita nelle strade delle città in cui ha vissuto senza mai far conoscere il proprio lavoro. Il suo occhio analitico ha saputo raccontare la cronaca emotiva della realtà quotidiana, esprimendo nelle sue opere la sensibilità delle sue origini europee unita al sentimento di libertà e di emancipazione tipicamente americana. I soggetti delle sue fotografie sono persone che l’artista ha incontrato nei quartieri degradati delle città, frammenti di una realtà caotica che pullula di vita, instanti catturati nella loro semplice spontaneità. Tra i suoi soggetti preferiti c'erano gli umili, gli emarginati, le signore ricche ed eleganti, gli amanti, i bambini, le ombre, i riflessi, le simmetrie.

Intorno al 1956 Vivian si trasferì da New York a Chicago e, la famiglia presso quale era assunta come tata, le mise a disposizione una camera con bagno privato che lei presto trasformò in camera oscura, permettendosi così di studiare e sperimentare lo sviluppo delle sue pellicole, pratica che continuò incessantemente fino agli anni '70.

A cavallo di questo periodo, Vivian si trovò a dover lasciare la casa in cui aveva vissuto per così tanti anni visto che la famiglia presso la quale risiedeva, non aveva più bisogno di lei in quanto i figli erano oramai divenuti adulti. Senza più lo spazio per sviluppare il proprio lavoro, i rullini cominciarono ad accumularsi vertiginosamente.

Questo fu anche il momento in cui la Maier decise di sperimentare le pellicole a colori e la sua fotografia, da questo momento, diventa più concettuale e astratta. Le persone escono lentamente dalle sue inquadrature per lasciare spazio ad oggetti e graffiti.

Ebbe anche la possibilità di effettuare numerosi viaggi, testimoniando minuziosamente ogni attimo.

Alla soglia degli anni '80 Vivian cominciò ad avere i primi problemi economici che ebbero un pesante riflesso sull'attività di stampa delle pellicole che continuarono ad ammassarsi non sviluppate. Costretta a muoversi da una casa all'altra con l'impossibilità di portare con se l'enorme mole di materiale accumulato negli anni (l'opinione comune è che la Maier fosse un'accumulatrice compulsiva e oltre alle migliaia di rullini, pellicole e stampe, conservava di tutto...dagli scontrini alle buste delle lettere, oggetti, vestiti, scarpe che non ha mai buttato) fu costretta a prender in affitto un magazzino per contenere la grande quantità di scatole contenenti le sue amate foto e un'intera vita di oggetti.

Con il passare del tempo la situazione economica non fece che peggiorare e tra la fine degli anni '90 e l'inizio del nuovo Millennio, Vivian si trovò ad abbandonare completamente la fotografia costretta a vivere in ricoveri per senzatetto.

Solo grazie all'aiuto economico di una delle famiglie presso cui aveva prestato servizio riuscì a prendere in affitto un piccolo monolocale, ma nel 2008 una rovinosa caduta sul ghiaccio le causò un profondo trauma alla testa , incidente dal quale Vivian non si riprese fino alla sua morte.

La drammatica indigenza in cui era caduta le impedì di continuare a pagare l'affitto del magazzino in cui aveva stipato tutta la sua vita e la società proprietaria dei box fu costretta a venderne l'intero contenuto... chissà quale strano disegno del destino ha fatto si che tutto il materiale stipato in quel magazzino finisse proprio nelle mani di chi ha saputo non solo impedirne la distruzione, ma donando una nuova vita ad un'artista che altrimenti sarebbe rimasta per sempre sconosciuta.

Non si conoscono i motivi per cui Vivian non rese mai pubbliche le sue opere ma dalle ricerche effettuate da John Mallof prima e in seguito da Ann Marks (autrice del libro biografico illustrato, Vivian Maier Developed. The Real Story of the Photographer Nanny _ 2017) pare che il motivo per cui nascose il suo talento, non fosse legato a motivi di modestia, ma per un non ben identificato trauma della sua infanzia che la rese schiva, riservata, solitaria e a tratti eccentrica.

Per quanto a tratti descritta come una novella Mary Poppins, aveva tutt'altro che un avena naif e inseguiva con tenacia la sua passione studiando libri, perfezionando consapevolmente la sua tecnica, cercando appostamenti per nulla casuali, per cogliere gli scatti giusti, compresi quelli delle celebrità dell'epoca come Frank Sinatra o Cary Grant. Ma quello che più traspare dalle fotografia di Vivina Maier è la volontà di testimoniare in maniera prolifica e sistematica la miseria degli esseri umani e tutto ciò che rivelava sentore di follia ma attraverso uno sguardo benevolo, tenero e talvolta ironico.

Tra le centinaia di scatti giunti fino a noi, molti sono autoritratti: come osserva Alessandro Baricco “l’unico soggetto a cui abbia dedicato ripetuti ritratti, inaspettatamente, è se stessa: si fotografava riflessa nelle vetrine, negli specchi, nelle finestre. L’espressione è tragicamente identica, anche a distanza di anni: lineamenti duri, maschili, sguardo da soldato triste, una sola volta un sorriso, il resto è una piega al posto della bocca. Impenetrabile, anche a se stessa “.

Rimangono ancora molti punti oscuri sulle vicende della vita di Vivian Maier... quello che è certo è che ha inconsapevolmente alimentato il suo mito con la sua invisibilità.

John Maloof con l'aiuto dello sceneggiatore Charlie Siskel ha realizzato nel 2013 un documentario intitolato Finding Vivian Maier raccontando l'incredibile storia che lo ha legato indissolubilmente alla vita della fotografa e che l'ha resa nota al grande pubblico (considerando anche che il film fu candidato agli Oscar del 2015 nella categoria “miglior documentario"). In seguito alla divulgazione della storia di Vivian molti autori si sono interessati alla sua misteriosa storia tentando di far luce sugli aspetti ancora nascosti della sua vita... ma forse certi segreti devono rimanere tali e forse non conosceremo mai a fondo l'enigma di questa donna.

Chiara Camèra

Se vi siete appassionati a questa storia avvincente, queste solo le letture che vi consigliamo.

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