Sebastião Salgado: il fotografo che ha dato volto all’umanità

Chi era Sebastião Salgado?

Chi era Sebastião Salgado? Un fotografo? Un attivista? Un artista? Tutto questo, ma anche qualcosa di più profondo: un testimone silenzioso della condizione umana. Con la sua macchina fotografica ha attraversato il dolore, la bellezza, la distruzione e la rinascita. Raccontare la sua vita e la sua opera oggi, a pochi giorni dalla sua scomparsa avvenuta il 23 maggio 2025, significa fermarsi e ascoltare lo sguardo di un uomo che ha cambiato il modo di vedere il mondo.

Un’infanzia nella foresta e una vita in viaggio

Sebastião Salgado nasce l’8 febbraio 1944 ad Aimorés, nello stato brasiliano del Minas Gerais. La sua infanzia si svolge in una fattoria immersa nella natura, in un’area un tempo ricoperta dalla Foresta Atlantica. È lì che sviluppa un legame profondo con l’ambiente e le sue trasformazioni. Un legame che tornerà prepotentemente nei suoi progetti fotografici più maturi.

Nonostante questa vicinanza alla natura, Salgado sceglie inizialmente una strada razionale e pragmatica: studia economia. Ottiene una laurea e inizia una brillante carriera come economista internazionale. Lavora per l’Organizzazione Internazionale del Caffè e viaggia in Africa, America Latina, Asia.

È proprio durante uno di questi viaggi, in Ruanda, che scatta le sue prime foto con la macchina fotografica di sua moglie Lélia Wanick Salgado, architetta e curatrice che diventerà la sua principale collaboratrice per tutta la vita. È l’inizio di una vocazione. Un gesto semplice che diventa rivelazione. In quegli scatti non c'è solo curiosità: c'è empatia, immersione, desiderio di comprendere e raccontare.

Dall’economia alla fotografia: la scelta etica

Negli anni ’70, in esilio dalla dittatura militare brasiliana, Salgado e Lélia vivono a Parigi. È lì che Sebastião prende la decisione più importante della sua vita: abbandonare l’economia per raccontare il mondo con la fotografia. Una scelta radicale, dettata non solo dalla passione, ma da una profonda urgenza morale: restituire voce e dignità a chi non ha mezzi per raccontarsi.

Non si improvvisa fotografo: studia con rigore, si confronta con la fotografia documentaria europea e americana, entra nelle grandi agenzie, prima Gamma, poi Magnum Photos, e impara l'importanza della narrazione a lungo termine. Ogni suo progetto richiederà anni di ricerca, preparazione, contatto diretto con le persone e con i luoghi.

Lo stile inconfondibile di Sebastião Salgado

Bianco e nero. Contrasti netti. Luci scolpite. Composizione impeccabile. Le fotografie di Salgado sono immediatamente riconoscibili, ma non sono solo esteticamente potenti: sono moralmente necessarie.

Le sue immagini sono spesso paragonate alla pittura classica, per la loro capacità di evocare emozioni profonde e atemporali. Ma è nella profondità dello sguardo che risiede la forza del suo lavoro. Salgado non scatta per stupire: scatta per comprendere. I suoi ritratti raccontano storie intere attraverso un volto, uno sguardo, una postura.

Ogni suo progetto nasce da anni di immersione nei contesti sociali, politici ed economici delle aree documentate. Non scatta da lontano. Si avvicina, vive con le persone, condivide il loro tempo, le loro storie. La sua fotografia è partecipazione, immersione, ascolto.

I grandi progetti fotografici di Salgado

Workers – 1993

Il progetto che lo consacra. Un’epopea visiva sul lavoro manuale in tutto il mondo: minatori in Brasile, pescatori in India, raccoglitori in Africa. Non c'è retorica né pietismo. Solo forza, dignità, resistenza. Una dichiarazione visiva d’amore per l’uomo che lavora. Un progetto che ha richiesto oltre 6 anni di lavoro, e che documenta 26 paesi.

Exodus – 2000

Un reportage monumentale sulle migrazioni di massa. Dalle guerre ai cambiamenti climatici, Salgado segue i movimenti di milioni di persone in cerca di una vita migliore. Scatti da Ruanda, Palestina, Messico, Congo. Fotografie che fanno male e riflettere. Il progetto prende il nome di "Migrations", ma include anche il volume "The Children", con focus sulle vittime più vulnerabili: i minori in fuga.

Genesis – 2013

Dopo anni a documentare il dolore, Salgado sente il bisogno di bellezza. Così nasce "Genesis": un progetto per mostrare la Terra come era all’alba del tempo. Dalle Galápagos alla Siberia, dalle tribù indigene all’Antartide. Una lettera d’amore alla natura e all’origine. Per oltre otto anni, viaggia in più di 30 regioni del pianeta. Lo scopo è chiaro: dimostrare che la natura non è solo da proteggere, ma da conoscere e ammirare.

Amazônia – 2021

L’ultimo grande progetto. Un viaggio nella foresta amazzonica e tra i suoi popoli indigeni. Un grido visivo per salvare l’ultima grande riserva di biodiversità del mondo. Un progetto estetico, antropologico e politico insieme. Lavorando fianco a fianco con comunità indigene, Salgado riesce a trasmettere una visione profonda e rispettosa, contrastando gli stereotipi e valorizzando la cultura amazzonica.

L’Instituto Terra: il fotografo che pianta alberi

Nel 1998, Sebastião e Lélia Salgado fondano l’Instituto Terra. Una ex-fattoria di famiglia  trasformata in un laboratorio ecologico. In pochi anni, riescono a piantare oltre 3 milioni di alberi, ricostruendo un’intera sezione della foresta atlantica brasiliana.

Il progetto è uno dei più emblematici al mondo nel campo della riforestazione e dell’educazione ambientale. Salgado non si limita a raccontare i disastri ambientali: agisce, semina, guarisce. L’area bonificata è diventata un centro di ricerca sulla biodiversità, di formazione ecologica per bambini e comunità locali e un esempio concreto di come fotografia e attivismo possano unirsi.

 

Un fotografo premiato, ma sempre umile

Nel corso della sua carriera, Sebastião Salgado ha ricevuto ogni tipo di riconoscimento internazionale: Premio Principe delle Asturie, Medaglia delle Arti, World Press Photo, nomination all’Oscar per il documentario “Il sale della terra” (diretto dal figlio Juliano Ribeiro e da Wim Wenders).

Ha ricevuto lauree honoris causa da università di tutto il mondo, ma non si è mai definito artista. Preferiva il termine “testimone”. Diceva che le sue fotografie erano “degli altri”, non sue. La sua missione era ascoltare e trasmettere. E ha sempre riconosciuto il ruolo fondamentale della moglie Lélia, che ha curato personalmente ogni progetto, ogni libro, ogni mostra.

 Sebastião Salgado è morto il 23 maggio 2025 a Parigi, all’età di 81 anni, a causa di una forma aggressiva di leucemia, complicazione di una malaria contratta nel 2010 durante il progetto "Genesis". La sua morte ha lasciato un vuoto incolmabile nel mondo della fotografia, dell’arte e dell’attivismo ambientale.

Ma non è solo una perdita tecnica o culturale. È la perdita di un punto di vista. Di una coscienza. Di uno sguardo che ha saputo vedere bellezza e dolore con la stessa intensità.

Eredita di Sebastião Salgado

  1. Ha elevato la fotografia documentaria a linguaggio universale: ogni sua immagine comunica emozioni umane senza tempo e senza confini.

  2. Ha unito estetica ed etica: la sua fotografia non era solo bella, era anche buona.

  3. Ha agito oltre lo scatto: con Instituto Terra ha dimostrato che anche un fotografo può riparare il mondo.

  4. Ha ispirato generazioni di fotografi, studenti, artisti, insegnanti e attivisti in tutto il mondo.

  5. Ha insegnato che la fotografia può essere uno strumento di pace, consapevolezza e cambiamento.

Ricordare Sebastião Salgado non è solo un gesto affettuoso. È un atto necessario. Perché in un mondo che corre, che consuma, che dimentica, lui ci ha insegnato a fermarci, a guardare, a sentire.

Il suo lavoro continuerà a ispirare fotografi, artisti, attivisti e chiunque creda nel potere delle immagini per cambiare il mondo. 

Le sue foto restano. Le sue foreste crescono. Il suo sguardo vive.

10 cose da sapere su Sebastião Salgado

  1. Unico figlio maschio tra nove sorelle. 

  2. Ha lavorato per l’ONU prima di diventare fotografo.

  3. Ha sempre scattato in bianco e nero, su pellicola.

  4. Ha sofferto di depressione dopo i reportage in Ruanda.

  5. Ha vissuto tra Brasile, Francia e il resto del mondo.

  6. Ha fotografato in oltre 120 paesi.

  7. Ha fondato una delle più importanti ONG ambientali brasiliane.

  8. Il suo lavoro ha influenzato fotografi, giornalisti e attivisti in tutto il mondo.

  9. Nel 2016, Salgado è stato eletto membro dell'Académie des Beaux-Arts di Francia, occupando la sedia numero 1 riservata ai fotografi, succedendo a Lucien Clergue

  10. Considerava la fotografia “un esercizio di umanità”.

Perché farlo conoscere oggi?

Se non hai mai visto una foto di Sebastião Salgado, cerca “Workers” o “Genesis”  o uno dei progetti sopra descritti su Google. Guardale lentamente. Sentirai qualcosa muoversi dentro. Un richiamo profondo, antico, necessario.

Far conoscere Salgado oggi significa resistere all’indifferenza. Significa educare lo sguardo. Significa ricordare che ogni fotografia può essere un atto d’amore, se fatta con rispetto.

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