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La percezione del colore e l'inganno visivo

Quando si parla di correzione cromatica, è bene essere consapevoli di alcune nozioni fondamentali sulla luce e sul colore prima di padroneggiare gli strumenti che i software di post-produzione (come Adobe Photoshop) ci mettono a disposizione. Intanto facciamo una debita distinzione:

Il COLORE rappresenta una caratteristica sia della luce che degli oggetti colpiti dalla luce stessa. La percezione del colore si origina con la stimolazione delle cellule coniche dell'occhio umano mediante le radiazioni elettromagnetiche nello spettro visibile che sotto forma di impulso elettrico, vengono interpretate dal cervello. Nella percezione del colore, quindi, ci sono tre elementi che entrano in gioco: la luce, l'oggetto e l'osservatore.

La LUCE è una radiazione elettromagnetica che esiste all'interno di una determinata porzione dello spettro elettromagnetico, e generalmente si riferisce alla luce visibile che rappresenta, appunto, la porzione visibile all'occhio umano. Quando la radiazione presente in questa parte visibile dello spettro colpisce l'occhio, il cervello è in grado di percepire luce e colore.

Questo è il motivo per cui, nell'ambito delle attrezzature fotografiche, le pellicole prima, e i sensori poi, sono stati realizzati in modo da rispondere alla stessa gamma di lunghezze d'onda percepibili dall'occhio umano (anche se in alcuni casi le fotocamere sono state dotate di componenti in grado di percepire le radiazioni dagli ultravioletti agli infrarossi).

Una delle prime distinzioni da fare, quando si parla di colore, consiste nell'identificare due diverse modalità, definite sintesi, che vanno a determinare le mescolanze dei colori. Questi due “sistemi” sono definiti sintesi additiva e sintesi sottrattiva.

Per sintesi additiva, si intende la mescolanza dei colori primari prodotti dalla luce, rosso, verde e blu (conosciuti come RGB, Red, Green, Blue) che sommati tra loro, creano la luce bianca, e che, mescolati in differenti porzioni, sono in grado di creare tutto lo spettro di colori da noi percepiti.

Con sintesi sottrattiva, invece, ci riferiamo ai colori primari dei pigmenti, che sono caratteristica principale della materia. Ogni materia da noi conosciuta, ogni superficie, ogni oggetto, assorbe in maniera selettiva solo alcune lunghezze d’onda della luce e a sua volta ne riflette altre.

Il pigmento percepito è quindi determinato dai colori sottratti dalla luce bianca che percepiamo. I colori principali della sintesi sottrattiva sono ciano, magenta, giallo (CMY) e con la somma dei tre si ottiene il nero (K). Il risultato della totale sottrazione dei colori al pigmento quindi va a creare il nero.

Fatta questa prima distinzione, possiamo “generalmente” dire che si parla di rgb quando si fa riferimento alla riproduzione dell'immagine sullo schermo e di cmyk quando invece si parla di immagini su carta stampata.

                           

Una cosa che non tutti sanno è che i colori all'interno dello spettro vengono comunemente elencati in ordine crescente di frequenza: rosso, arancione, giallo, verde, blu e viola => ROYGBV.

I colori primari della sintesi additiva, dividono, approssimativamente, lo spettro in terzi, corrispondenti al rosso, al verde e al blu, quindi la sigla  ROYGBV conduce direttamente a RGB.

Se definiamo i primari  della sintesi sottrattiva abbinandoli alla loro controparte additiva (i loro opposti), vediamo che RGB conduce a CMY (dove poi K sta per nero).

Questo schema può risultare utile per ricordarsi i colori complementari in modo da sapere come agire in caso si debba compensare una dominante. Basta ricordarsi che RGB => CMY, quindi il rosso (R) è complementare del ciano(C), il verde (G) è complementare del magenta (M) e il blu (B) è il complementare del giallo (Y).

Un piccolo trucco da utilizzare per calcolare velocemente il colore complementare o opposto di quello che state usando, consiste nei seguenti passaggi:

  • con lo strumento contagocce, selezionate il colore che vi interessa
  • aprite il menù selettore colore
  • aggiungete o sottraete il valore 180 nel campo H (tono) all'interno della terna H, S (saturazione),  B (luminosità)

 Ora che abbiamo fatto queste premesse sul colore e sulla luce, dobbiamo soffermarci su un elemento estremamente importante per la comprensione del colore e cioè il funzionamento dell'occhio umano.

Nell'occhio umano (e teniamo a sottolineare “umano” in quanto esso funziona in modo diverso da quello di altre specie animali) la percezione del colore avviene tramite le cellule retiniche che  contengono pigmenti con diverse sensibilità spettrali, note come cellule coniche. Esistono tre tipi di coni sensibili a tre diversi spettri con conseguente visione a colori tricromatica. Anche se non direttamente basato sulla visione dell'occhio umano, questo è il motivo per cui la riproduzione dei colori su carta o su monitor, si basa sulla mescolanza di tre colori.

La retina, rappresenta una complessa rete di cellule nervose che rivestono interamente la parte posteriore dell'occhio. Le cellule nervose nella retina sensibili alla luce sono chiamate fotorecettori e si dividono in due tipologie definite coni e bastoncelli.

 I coni (in verde) sono responsabili della visione diurna e colgono con precisione dettagli e colori. I bastoncelli (in marroncino) invece veicolano un’immagine meno nitida, ma rispetto ai coni verdi sono molto più sensibili alla luce e consentono all’occhio di vedere anche di notte, in condizioni di scarsa luminosità. Lo stimolo luminoso, a sua volta, viene trasformato in stimolo elettrico che, tramite il nervo ottico, viene inviato all'encefalo dove le informazioni tonali vengono separate dalle informazioni inerenti il colore. Le informazioni raccolte dagli occhi vengono interpretate e manipolate dal nostro cervello con un uno scopo che è stato rifinito dall’evoluzione della nostra specie.

Per essere un pochino più specifici, dovete sapere che ogni essere umano (per conformazione naturale dell'occhio) ha un punto cieco nel campo visivo: la parte di immagine che manca viene ricostruita deducendola da ciò che si vede intorno. Questa piccolissima zona “cieca” ha una dimensione di circa 1,5 mm ed è situata nel punto in cui convergono i nervi e i vasi sanguigni della retina, pertanto questo punto non è sensibile alla luce... è una zona senza informazioni. Tuttavia il cervello riesce a ricostruire l'immagine mancante attraverso un processo chiamato "filling in" (riempimento) studiato da ricercatori di mezzo mondo.

Il nostro cervello, quindi, mette in atto una simulazione ricostruttiva, sotto il controllo di una determinante genetica, delle interazioni tra noi e l’ambiente materiale che ci circonda e in base alle nostre conoscenze e alle nostre esperienze precedenti: ciò che è percepito è diverso dall'oggetto esterno che rappresenta. Tale interpretazione, non va solo a ricostruire le parti mancanti, ma, grazie proprio all'esperienza vissuta, mette in atto una serie impressionanti di compensazioni che creano un vero e proprio “inganno visivo” relativo a luce e colore.

Riprendendo le parole di Josef Albers, “...nessun occhio naturale, nemmeno quello più allenato, è garantito contro l’illusione del colore. Colui che pretende di vedere i colori indipendentemente dalle loro variazioni illusorie inganna solo se stesso, e nessun altro.” (Interazione del colore, Joseph Albers 1963).

Per rendere più comprensibile tutto quello che abbiamo scritto fin'ora, vi presentiamo alcuni famosi “esempi” di come il nostro cervello compensi quello che vediamo traendoci in inganno più di quanto pensiamo...

                

Nell'esperimento realizzato nel 1995 dal professor Edward Adelson dell'MIT, i quadrati denominati  A e B, hanno la medesima tonalità di grigio, anche se appaiono differenti. Ma perché li vediamo così diversi? In primo luogo, il nostro cervello percepisce un colore rispetto al contesto e ai colori che lo circondano. Per cui tendiamo a vedere il quadrato A più scuro perché è circondato da colori chiari e il B più chiaro perché è circondato da colori scuri. Inoltre il cervello fa anche una correzione sui dati che gli arrivano in base alle ombre. Il quadrato B sembra essere in ombra per il cui il cervello presuppone che sia più chiaro di quanto in realtà gli appare e ‘corregge’ la tonalità.

Se isoliamo i due riquadri dal contesto, ecco cosa succede...

                    Nel prossimo esempio, se guardiamo il rettangolo grigio su un fondo neutro, lo vediamo della medesima tonalità, ma se lo guardiamo su un fondo sfumato da una tonalità chiara ad una scura, ecco che le cose cambiano...Finora abbiamo parlato di luminosità, ma questa compensazione avviene anche con la tonalità. Un ulteriore esempio può essere il seguente...

Le dominanti rossastre e verdi delle due foto, ci fanno percepire il singolo cubetto di colori completamente diversi, ma appena li affianchiamo, ci rendiamo conto che hanno la medesima tonalità.

Questi esempi che vi abbiamo appena mostrato rientrano in quello che si definisce “contrasto simultaneo” e cioè il fenomeno che si verifica tra colori vicini che si influenzano a vicenda, cambiando la nostra percezione di quei colori (più o meno saturi, più o meno luminosi).

Il contrasto simultaneo, è quindi un fenomeno di percezione visiva. Il termine percezione ci suggerisce l’inganno. Perché di inganno si tratta. Il corpo umano, sistema visivo compreso, si è sviluppato in migliaia di anni per percepire le differenze, anche quando queste diventano minime (il sistema visivo riesce ancora a distinguere i colori in una stanza illuminata con una sola luce colorata, dove un sensore digitale invece fallisce). Il modo in cui il sistema visivo riesce in questa impresa è attraverso l’introduzione, della soggettività e della relativa massa di informazioni accumulate dalla singola esperienza.

Questa massa di informazioni ha lo scopo di far capire come sia fondamentale capire i meccanismi fisici con cui identifichiamo quello che vediamo. Non vogliamo addentrarci in questioni filosofiche relative alla percezione della realtà, ma è ovvio, a questo punto, che non possiamo fidarci ciecamente di quello che vediamo, solo perché lo vediamo in un determinato modo.

Quando ci approcciamo alla correzione cromatica, teniamo sempre a mente “l'inganno” che il  nostro cervello mette in atto e capire l'importanza di “separare” mentalmente o fisicamente i colori che stiamo esaminando in un'immagine ma anche nella realtà.

 

Chiara Camera 

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