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Inge Morath a Genova

eventi fotografia mostre Jul 23, 2019

Centosettanta immagini, diari, scritti e articoli: uno sguardo intenso sulla vita di una donna che ha segnato la storia delle fotografia del XX secolo. Palazzo Ducale a Genova, nella splendida cornice della Loggia degli Abati, ospita per la prima volta in Italia, una grande retrospettiva di Inge Morath, offrendo agli spettatori una panoramica a 360 gradi sulla fotografa e uno squarcio significativo sulla sua personalità.

L’esposizione, curata da Brigitte Blüml–Kaindl, Kurt Kaindl e Marco Minuz, si concentra non solo sulla sua ricca produzione fotografica ma soprattutto sulla sua vita, sulla sua sensibilità, sulla sua anima, ripercorrendo non solo l’intera carriera attraverso le immagini, ma permettendo ai visitatori di percepire la profonda umanità e sensibilità di questa fotografa, che rappresenta in tutto e per tutto,  la firma stilistica propria della sua arte. Le foto raccontano attimi congelati della società che la circonda, quasi sviscerandola, ma allo stesso modo narrano molto della sua stessa anima, della sua visione umana. In esse si coglie il mondo che è intorno a tutti noi e, attraverso queste immagini, è possibile leggere, come pagine di un intimo diario segreto, la stessa vita di questa straordinaria donna. Come lei stessa scrive: “La fotografia è essenzialmente una questione personale: la ricerca di una verità interiore”. Che si trattasse di persone comuni o personaggi pubblici il suo interesse era identico e si indirizzava sempre verso l’intimità di ciascuno.

«È un mondo di curiosità quello di Inge Morath – spiega il co-curatore della mostra Marco Minuz – la curiosità di una donna che scopre la fotografia come mezzo per esprimere le sue necessità interiori. La lezione di Inge Morath alla fotografia è una lezione di determinazione, portando avanti le sue idee con caparbietà nonostante i tempi. E poi ha insegnato al mondo una sensibilità particolare.  Nella mostra al Ducale, questo aspetto emerge chiaramente, soprattutto in una foto, quella della ballerina di Flamenco, una foto-manifesto nel lavoro della Morath. La fotografa riprende la ballerina soltanto dal ventre in basso, dove un uomo avrebbe prodotto senza dubbio un'immagine diversa, secondo un altro punto di vista».

La mostra si struttura in un percorso diviso in due momenti. Il primo legato alla biografia dell'artista, che rappresenta un esempio quasi unico per una donna nata  nell'Europa degli anni '20 e il secondo legato alla sua produzione di foto di viaggio.

Una vita ricca di incontri, di luoghi, di momenti... di persone.

Inge (il cui nome completo è Ingeborg Mörath) nacque in Austria a Graz nel 1923 da una coppia di scienziati che per motivi di lavoro, si trovarono ben presto a girare diversi laboratori e università durante i primi anni di età della loro figlia per poi stabilirsi definitivamente a Berlino negli anni '30. Cresciuta in un ambiente culturalmente evoluto, Inge si scontrò ben presto con le ideologie naziste che denigravano le nascenti avanguardie, realizzando, suo malgrado, di dover iniziare un lungo periodo di osservazione silenziosa e occulta.

Giunta all'università si specializzò nello studio delle lingue imparando fluentemente francese, inglese e rumeno a cui accompagnò ben presto l'italiano, lo spagnolo, il russo e il cinese, raccontando di come amasse studiare in luoghi appartati dell'università o addirittura nelle stazioni delle metropolitana temporaneamente trasformati in rifugi antiaereo.

Si rifiutò di aderire alla Studentenschaft (Organizzazione studentesca) e verso la fine della guerra fu costretta, insieme ai prigionieri di guerra ucraini, a lavorare forzatamente all'interno di una fabbrica dalla quale scappò miracolosamente in seguito ai bombardamenti russi.

Le esperienze vissute durante la guerra la segnarono a tal punto da non voler mai fotografare la guerra, preferendo lavorare sulle storie che ne mostrassero le conseguenze.

Balenciaga

Dopo la guerra, Inge cominciò a lavorare come giornalista e in breve tempo venne ingaggiata, prima come corrispondente e poi come redattore austriaco, per la rivista HEUTE, dove ebbe modo di incontrare il fotografo Erns Haas, con il quale cominciò una proficua collaborazione. Nel giro di poco tempo entrambi furono chiamati da Robert Capa per unirsi alla neonata Magnum dove Inge si trovò a lavorare come editor, avendo la possibilità di scoprire il lavoro del fondatore della grande agenzia: Henri Cartier-Bresson.

In seguito Inge si sposò con il giornalista britannico Lionel Birch trasferendosi  a Londra nel 1951. Questa fu la data che cambiò tutto. Fu in questo periodo che cominciò a fotografare e scoprì ben presto di essere nata per questa forma d'arte confessando che dopo l'isolamento del nazismo, aveva finalmente trovato il suo linguaggio proprio nella fotografia.

In seguito al divorzio, Inge decise di tornare a Parigi dove incontrò nuovamente Capa a cui mostrò una serie di lavori realizzati durante gli anni inglesi e su suo suggerimento cominciò a lavorare come assistente di Cartier-Bresson. Nel giro di pochissimo tempo, e precisamente nel 1955, venne invitata ad entrare a pieno titolo nella Magnum Photo, diventando la prima donna a meritare questo onore.

Come fotografa ufficiale della grande agenzia, Inge cominciò a viaggiare molto come inviata, raccontando visivamente storie da tutto il mondo: dall'Asia all'Africa, dall'Europa al Sud America agli Stati Uniti e lavorando per grandi testate come Holiday, Paris Match e Vogue.

 Audrey Hepburn

E sempre come fotografa ufficiale di Magnum, si trovò ben presto a lavorare anche sui set di grandi produzioni hollywoodiane diventando bene presto una delle fotografe preferite di John Houston che la chiamò a lavorare per numerosi dei suoi film, dimostrando, oltre un grande talento, un grandissimo sangue freddo. Infatti, nel 1960, durante le riprese del film  The Unforgiven, con Audrey Hepburn, Burt Lancaster e Audie Murphy, Morath accompagnò Huston e alcuni membri della troupe in un lago di montagna fuori Durango, in Messico. Fotografando l'escursione, Morath vide attraverso il suo teleobiettivo che Murphy e il suo compagno si erano rovesciati con la barca e rischiavano di annegare. Essendo un'abile nuotatrice, Inge si buttò in acqua riuscendo a trascinare i due uomini a riva utilizzando la  cinghia del reggiseno.

Sempre nel 1960, durante le riprese di The Misfits, diretto da Houston, ebbe modo di conoscere Arthur Miller che aveva scritto la sceneggiatura del film. Alla Magnum furono affidati i diritti esclusivi per fotografare sul set e la Morath insieme a Cartier-Bresson, fu tra i primi fotografi ammessi durante le riprese: fu proprio in quell'occasione che ebbe modo di allacciare una relazione con Miller che sposò nel 1962 dopo il divorzio da Marilyn Monroe.

 Durante le riprese di The Misfits

Foto con Miller Marilyn Monroe

In seguito al matrimonio con Miller, si traferì definitivamente negli Stati Uniti, lavorando, nel decennio 1960-1970, proprio con il marito, descrivendo i viaggi fatti insieme tra l'Unione Sovietica e la Repubblica Popolare Cinese. Una produzione di opere di straordinaria bellezza, con le testimonianze fotografiche di Inge e le descrizioni di Miller offrendo così ai lettori, i due lati della medesime medaglia.

Grazie ad Arthur Miller, Inge ebbe la possibilità di incontrare numerosi membri dell'élite artistica internazionale e con molti di essi, nacquero profondi rapporti di amicizia e stima, permettendo alla Morath di accumulare una numerosa collezione di ritratti dei personaggi che hanno fatto la storia del XX secolo. Un esempio da citare, fu l'incontro tra Inge e l'artista Saul Steinberg, che avrebbe dovuto posare per il proprio ritratto: per quella occasione, egli si presentò con una maschera di cartone da lui realizzata. L'idea piacque così tanto ad entrambi, da decidere di portare avanti un intero progetto fotografico che prevedeva di invitare gruppi o persone singole che avrebbero posato per la Morath con le maschere di Steinberg.

La sua abilità nel ritratto divenne tale da riuscire a cogliere addirittura la presenza di “illustri invisibili”. Le sue foto della casa di Boris Pasternak, della biblioteca di Pushkin, della casa di Cechov, della camera da letto di Mao Tse Tung, degli studi di artisti e dei cimiteri, sono permeate dallo spirito di gente invisibile ancora presente. Lo scrittore Philip Roth, che Morath fotografò nel 1965, la descrisse come "il più accattivante, vivace, apparentemente innocuo guardone che conosco.... Lei è un tenero intruso con una macchina fotografica invisibile. "

Con il passare del tempo e con la conseguente crescita dei progetti, diventò per la Morath, sempre più importante studiare approfonditamente la lingua e la cultura dei popoli e dei posti che andava fotografando per entrare pienamente nelle realtà con cui si confrontava. Sebbene la fotografia fosse il mezzo principale attraverso cui si esprimeva, essa fu solo uno dei tanti strumenti utilizzati durante tutta la sua vita. Grazie alle molte lingue che parlava fluentemente, Inge si dimostrò una prolifica scrittrice; il suo doppio dono di parole e immagini le permisero di descrivere estesamente, e spesso in modo divertente, sui suoi soggetti fotografici rendendola praticamente unica e insolita tra i suoi colleghi.

Durante gli anni '80 e '90, continuò a viaggiare perseguendo sia incarichi che progetti indipendenti. Numerosi sono stati i progetti su di lei e con lei nell'ambito della cinematografia. Nel 2002, insieme alla regista Regina Strassegger, ebbe la possibilità di esaudire il sogno di ritornare a visitare le terre dei suoi antenati, lungo le terre di confine della Stiria e della Slovenia, che dalla Seconda guerra Mondiale fino al 1991, era diventata la linea di demarcazione tra due ideologie in conflitto.  Il libro Last Journey (2002) e il film di Strasseger Grenz Räume (Border Space , 2002), documenta le visite di Morath nella sua terra natale durante gli ultimi anni della sua vita.

Inge Morath, si è spenta nel 2002 all'età di 78 anni. In onore del loro collega, i membri di Magnum Photos hanno istituito il premio Inge Morath nel 2002. Il premio è amministrato dalla Inge Morath Foundation in collaborazione con la Fondazione Magnum, New York.

La mostra di Inge Morath è la testimonianza diretta del profondo animo di un'artista unica nel suo genere.  Serena Bertolucci, direttrice di Palazzo Ducale sottolinea che “In questi tempi, in cui il ruolo delle donne nella società è un tema all'ordine del giorno, esporre il lavoro di una donna straordinaria, creativa, fuori dagli schemi, penso sia motivo di orgoglio. Passeggiando fra le immagini in mostra, si può comprendere la cifra stilistica di Inge Morath e la sua potenza creativa”.

Yves Saint Laurent

La mostra “Inge Morath. La vita, la fotografia” è visitabile a Palazzo Ducale nei seguenti orari: dal martedì al venerdì dalle 15 alle 19, il sabato e la domenica dalle 11 alle 19. I biglietti costano 10 euro l'intero e 8 euro il ridotto.

Per maggiori informazioni: http://www.palazzoducale.genova.it/

 

Camera Chiara

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