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Robert Doisneau

Tra i grandi maestri della fotografia del '900, Robert Doisneau, insieme a Cartier Bresson, rappresenta uno dei più grandi interpreti della cosiddetta “fotografia umanista”, caratterizzata da quella specifica sensibilità emotiva e visiva capace di mettere l'accento sulla condizione disagiata dell'uomo nella società. Chi conosce le sue fotografie ha sognato Parigi attraverso le sue immagini, ed è proprio Parigi, la sua città, ad essere stata la musa ispiratrice di tutta la sua opera.

Doisneau nacque il 14 aprile del 1912 a Gentilly, un sobborgo di Parigi, un luogo sarà fondamentale per l'evoluzione della sua estetica e del suo modo di fotografare.

Studiò come incisore litografo diplomandosi presso l'Ecole Etienne, ma in breve tempo venne completamente assorbito dalla frenetica vita di periferia e cominciò a crescere in lui la necessità sempre più forte di raccontare una dimensione umana che nessuno considerava, utilizzando un mezzo d'espressione che ancora veniva visto con diffidenza: la fotografia. La strada, come spesso amò definirla il fotografo, divenne la sua vera e unica maestra.

Nonostante la cultura ufficiale si ponesse in modo ostile e ritenesse abbastanza incomprensibile questo nuovo mezzo comunicativo, Doisneau lo ritenne invece, il perfetto alleato per cogliere ogni aspetto del quotidiano analizzandolo da un punto di vista non convenzionale.

Sono gli anni in cui comincia a lavorare come fotografo per la Renault di Billancourt, e questa sua attività gli fa capire l'importanza di svincolare la fotografia da mezzo puramente “professionale” permettendogli di immortalare soggetti che non interessavano a nessuno e che non avevano una “valore” commerciale.

Con l'arrivo della guerra, Doisneau decise di rispolverare le sue doti di incisore entrando nella Resistenza occupandosi della falsificazione di documenti importanti a livello strategico, ma decise comunque di non abbandonare la sua passione per il racconto attraverso le immagini. Gli scatti di questo periodo mostrano la capacità umana di resistere alle avversità, di combattere per i propri ideali, per non arrendersi davanti alla devastazione.

Un esempio è lo scatto Barricade rue de la Huchette, realizzato a Parigi all'angolo di Place du Petit Pont nel 1944. Siamo nei pressi di Notre Dame vicino alla Prefettura di Polizia dove il Comitato di Liberazione aveva richiesto la costruzione di barricate e aveva dato il segnale di insurrezione il 19 agosto del 1944. Doisneau ritrae i parigini che combattono, in uno scatto che racconta, meglio che con le parole, l'appartenenza ad una grande nazione.

Un altro celebre scatto è quello de La voiture fondue, un'auto, probabilmente nazista, completamente bruciata, con alcuni bambini che vi giocano dentro. L'immagine rappresenta una scena desolante di distruzione, ma per i bambini questo non è importante. La realtà si trasforma in un sogno, in un gioco in grado di sfuggire alle rovine della città, e finisce per strappare un sorriso.

Alla fine del conflitto bellico, nel 1945 cominciò a lavorare con Pierre Betz, editore del giornale Le Point, ma solo un anno dopo, nel 1946 divenne fotografo indipendente presso l'agenzia Rapho, fondata da Charles Rado e gestita all'epoca da Raymond Grosset, vincendo, a distanza di soli pochi mesi, nel 1947, il Kodak Prize. Doisneau non abbandonerà mai l'agenzia Rapho, per la quale lavorò per tutta la sua vita.

Nel 1949 pubblicò il suo primo libro “La Banlieu de Paris”, una raccolta di scatti innovativi, geniali e dominati da una grande carica umana. Parigi assume una nuova dimensione agli occhi di chi osserva le immagini di Doisneau... non è più la città convenzionale, quella che domina negli ambienti della pubblicità, della moda, del cinema, della Ville Lumiere conosciuta da tutto il mondo. E' la Parigi delle piccole cose, della gente che lavora con fatica, dell'aria riempita dal suono delle fisarmoniche, dei piccoli bistrot, dei grandi, dei bambini e degli immancabili baci.

La sua capacità di immergersi totalmente nella realtà tanto da poter ricavare da essa momenti così preziosi da poter essere immortalati per sempre, in grado si rappresentare i sentimenti, i sogni e gli ideali di un'intera città, se non di un intero paese, lo hanno reso unico nel suo genere. La sua sensibilità lo ha portato a comunicare al mondo una sfera umana che ha letteralmente trasformato il modo di vedere Parigi e le sue immagini che sono diventate sinonimo dello stile della vita francese. Un monumentale affresco della vita di Parigi e dei parigini.

Secondo Jaques Prévert, suo grande amico, Doisneau era il compagno di viaggio ideale. Quando fotografava qualcuno non lo faceva con lo sguardo di chi osserva dall’esterno. Il suo sorriso benevolo portava, anche nel volto più devastato, quel lampo di felicità che rendeva la fotografia straordinaria.

La sua visione del mondo e della fotografia la riassume chiaramente lui stesso : “Quello che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere. “

Probabilmente il tempo che si cristallizza, o forse si dilata fino a fermarsi, e il suo incredibile istinto, sono due delle caratteristiche che contraddistinguono il suo lavoro. Amava definirsi poeticamente un “pescatore di immagini” proprio per la sua necessità di immergersi in modo così profondo nella realtà che lo circondava, riuscendo a rendere vivo il mondo che sognò da sempre.

Vi spiego come mi prende la voglia di fare una fotografia. Spesso è la continuazione di un sogno. Mi sveglio un mattino con una straordinaria voglia di vedere, di vivere. Allora devo andare. Ma non troppo lontano, perché se si lascia passare del tempo l’entusiasmo, il bisogno, la voglia di fare svaniscono. Non credo che si possa “vedere” intensamente più di due ore al giorno”

Un aneddoto che merita raccontare, riguarda una delle sue foto più famose: il celebre “Le basier del l'hotel de Ville” (il bacio davanti all'Hotel de Ville) scattata nel 1950, che ritrae una coppia di ragazzi che si baciano lungo le caotiche via di Parigi. In quei giorni, Doisneau stava lavorando ad un servizio per la famosa rivista americana LIFE e chiese alla giovane coppia di posare per lui. Si trattava di Froncoise Bornet, una studentessa di teatro e del suo fidanzato Jacques Carteaud. Con il passare degli anni, la foto divenne una delle immagini iconiche di Parigi, conosciuta in tutto il mondo, ammantata da un velo di mistero in quanto i nomi della coppia non furono mai rivelati poiché, secondo l'articolo uscito sulla rivista LIFE, lo scatto aveva “rubato” l'attimo di passione dei due passanti. E così rimase fino al 1992, quando una coppia di francesi, Denise e Jean-Louis Lavergne, si presentarono alla televisione francese sostenendo di essere i due protagonisti della celebre foto, accusando il fotografo di averli fotografati senza permesso.

A quel punto Doisneau fu costretto ad ammettere che i due ragazzi della foto, in realtà erano in posa e fu chiesto loro il permesso di ritrarli. Doisneau, che all'epoca della foto si trovava nelle vicinanze dell'Hotel de Ville, stava cercando ispirazione osservando i passanti e vide i due ragazzi che si baciavano. Colpito da quell'immagine, chiese loro di replicare il gesto e poterli fotografare. A quel punto Francoise Bornet, a distanza di 40 anni da quello scatto, si “mostrò” al mondo in difesa di Doisneau, dimostrando di essere lei la ragazza ritratta nella foto mostrando la stampa autografata dallo stesso Doisneau che le era stata inviata all'epoca. Francoise vendette poi la stampa nell'aprile del 2005 per la somma di 155.000 euro.

Nonostante fu svelato lo “stratagemma” che portò alla realizzazione dello scatto, questa foto rimane comunque una delle immagini che meglio rappresenta il mondo romantico visto attraverso gli occhi del grande fotografo.

Doisneau scomparve ultraottantenne nel 1994 avendo coronato il suo sogno, insieme a molti suoi celebri colleghi, di dare una valore e una dignità alla fotografia che prima non aveva.

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